DIED PRETTY Free Dirt - Australia 1986
DIED PRETTY
Free Dirt - Australia 1986
La
bellissima copertina, con la fotografia in bianco e nero di una landa desolata,
con un rado gruppo di alberi all’orizzonte ed un compatto fronte nuvoloso in
avvicinamento - imminente presagio di tempesta - cattura il senso dello spazio
e dell’angoscia del vasto paesaggio australiano, evocando scenari imponenti
che, inevitabilmente, influenzano il suono dei Died Pretty, rendendolo allo stesso tempo epico e disperato,
magniloquente e desolato. In pochi casi la copertina di un disco trasmette così
chiaramente le emozioni e le atmosfere in esso contenute.
Free Dirt preme nel profondo, scava solchi
nell’anima e non importa quante volte lo hai già ascoltato, non ti lascerà mai
indifferente. Ogni volta sarà quasi come la prima volta, quasi come quando
rimanesti senza fiato davanti alla stordente bellezza di questo disco intenso e
appassionato, in cui confluiscono Psichedelia, Country, Folk, Blues, Punk e New
Wave, in una miscela acida e incendiaria.
Il primo LP
dei Died Pretty, che esordiscono sulla lunga distanza dopo alcuni brillanti singoli,
è uno dei migliori album mai prodotti dalla scena musicale indipendente
australiana che si avvale di un cocktail di elementi semplice quanto efficace.
Un cantante non estremamente dotato ma carismatico, un organo retrò che profuma
di Doors, una chitarra lancinante e la sensibilità da avanguardia dei primi
Velvet Underground.
"Life
to Go" apre l’album con un incipit
da pelle d’oca. La batteria di Chris
Welsh irrompe improvvisamente, subito inseguita dal pianoforte dell’ospite Louis Tillet e dall’organo di Frank Brunetti, dal basso di Mark Lock e dalla chitarra di Brett Myers, la quale ben presto
diviene una frusta incandescente che infligge staffilate di piacere.
"Just
Skin" ti fa secco con il ritmo tribale del basso e della batteria, il
solenne incedere dell’organo e l'indimenticabile ritornello dominato dalla voce
farneticante di Ronnie Peno, che si
rivela un Johnny Rotten dark. Il feedback stordente del solito Myers concede il
misericordioso colpo di grazia.
"Blue
Sky Day" è esuberante Folk-rock intriso dell’approccio Punk del
canto sofferto di Peno e della chitarra aspra di Myers. I primi REM che
incontrano i Flamin’ Groovies.
Ma tutti i
brani di questo disco frugano nell’anima alla ricerca del punto esatto dove
colpire. La delicata psichedelia di “The 2000 Year Old Murder” e quella
convulsa di “Next to Nothing”, l’ipnotica “Round And Round”, il Country-punk dall’incedere
marziale e dal cantato ubriaco di "Wig Out”, la travolgente New Wave doorsiana
di “Laughing Boy” (per quanto questa definizione possa apparire un ossimoro), “Through
Another Door”, country-rock al sapore dei Television (ecco un'altra
contraddizione in termini), sono i tasselli di un mosaico di brani stupendi e trascinanti,
che compongono il capolavoro dei Died Pretty.
Il “Bel
Morto” non avrebbe mai eguagliato questo straordinario debutto, che rimane il
suo lavoro più devastante e visionario, miscela equilibrata di chitarre
sporchissime, organo psichedelico, partiture disarmoniche di sassofono e pura melodia
pop.
Nel 1988,
durante il tour di Lost, il secondo e
piuttosto deludente album, ebbi la fortuna di assistere ad un concerto dei Died
Pretty a Napoli e di intervistarli insieme a Carlo e Maurizio, compagni di
scorribande musicali e radiofoniche. L’unica cosa che ricordo a memoria è il
racconto di Ronnie e Brett di come, per trasportare gli strumenti e l’amplificazione,
acquistarono un vecchio carro funebre tutto nero poiché era l’unica auto che
potevano permettersi.
Da qualche
parte dovrei avere una cassetta con la registrazione dell’intervista ed i
negativi delle foto fatte nell’angusto camerino che, non so per quale ragione,
non ho mai sviluppato.
Penso
proprio che sia giunto il momento di cercarle.
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