GRANT LEE BUFFALO Fuzzy - US 1993




















GRANT LEE BUFFALO
Fuzzy - US 1993

Nel 1993, Filippo, amico con il quale ho in comune le salde fondamenta su cui abbiamo costruito le nostre personali torri di Babele musicali, mi fece ascoltare Buffalondon Live, un mini cd con quattro brani incisi dal vivo, di una band che stava emergendo dal sottobosco indie americano, i Grant Lee Buffalo.

Il mini oltre a “The Shining Hour”, sfavillante overture di Fuzzy, long playing che i Buffalo avevano pubblicato quello stesso anno, contiene anche “For The Turnstyle”, canzone “minore” di Neil Young tratta dall’album On The Beach del 1974 che nell’esecuzione dal vivo dei novizi Buffalo assume un andamento maestoso che culmina in esplosioni elettriche (assenti nell’originale) che diventeranno un marchio del suono della band.

Per me fu amore al primo ascolto.

Grant-Lee Phillips (voce e chitarra), Paul Kimble (basso e pianoforte) e Joey Peters (batteria), reduci dal tirocinio dell’esperienza Shiva Burlesque, band con cui avevano inciso due album, debuttano con la nuova ragione sociale, pubblicando un album spavaldo ed affascinante, colmo di melodie spazzate dal vento e di un audace senso di drammaticità che rende Fuzzy un disco mozzafiato.

Montata ormai l’ondata del Grunge, i Grant Lee Buffalo suonavano come nessun altro in circolazione in quel periodo e Grant-Lee Phillips appare decisamente fuori dagli schemi della musica californiana dell’epoca. I suoi testi racchiudono la poesia e l’impegno sociale del giovane Dylan, l’uragano emozionale di Neil Young e l’amarezza di Bob Mould e di Paul Westerberg.

I Buffalo recuperano la tradizione folk ma la adattano ai tempi, si muovono verso nuovi orizzonti minacciosi ed affascinanti con canzoni dotate di una appassionata trama melodica, rivestita da un suono distorto e coinvolgente in cui ritroviamo l’epica strascicata del Paisley Undergroung, scorie di austero post punk inglese, il glam di David Bowie seppur travestito da country, la grandeur elettroacustica dei Waterboys.

Fuzzy è un baule ritrovato in soffitta da cui affiorano gli abiti dismessi di Lou Reed, Steve Wynn. Dan Stuart, Jeffrey Lee Pierce, Howe Gelb, Alex Chilton oltre che degli altri già citati. Fuzzy è una seduta spiritica che evoca spettri di un passato, talvolta recente, per ridargli corpo e renderli di nuovo preda di pulsioni terrene. E tuttavia, ogni canzone, sia essa sfogo personale o angosciata invettiva socio-politica, risulta genuina ed originale.

Per averne evidenza provate ad ascoltare la briosa ed incalzante “The Shining Hour”, introdotta da un rullante scoppiettante e troncata da un accordo pestato sulla tastiera del pianoforte. Provate ad ascoltare “Jupiter and Teardrop” in bilico tra grunge ed epica western, oppure l’onirica cantilena scintillante di “Fuzzy”, i REM in catalessi dell’apparentemente spensierata “Wish You Well”, il rilassato country-rock di “The Hook”, la catartica danza propiziatoria contro il nazionalismo made in USA di “Stars’n stripes”.

Ed ancora provate ad ascoltare l’oscuro boogie-soul di “Dixie Drug Store”, lo schiaffo in faccia al conformismo americano di “America Snoring” che ricorda alcune sonorità dei Jane’s Addiction più melodici, gli oltre sei minuti di noise velvetiano di “Grace” e la languida ninnananna della conclusiva “You Just Have To Be Crazy”.

Fuzzy è semplicemente uno dei migliori album degli anni ’90 ed insieme al successivo Mighty Joe Moon, è certamente il miglior lavoro dei Grant Lee Buffalo. 




 

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