FRANCOIS-REGIS CAMBUZAT Uccidiamo Kim - Italia 1990


 














FRANCOIS-REGIS CAMBUZAT
Uccidiamo Kim - Italia 1990

Tutto era cominciato tra le pareti dell’Asphalt Jungle.

Credo che si chiamasse così il locale romano deputato alla musica dal vivo, gestito da François-Regis  Cambuzat e Roberta Possamai intorno alla metà degli anni 80 e divenuto l’incubatrice dei Kim Squad & Dinah Shore Zeekapers

Ma dopo aver vinto Indipendenti ed aver pubblicato Young Bastards - quello che resterà il loro unico LP - i Kim, febbricitanti ma non ancora defunti stavano mutando pelle, assecondando le nuove tendenze di François e virando verso il cantato in italiano e verso una modificazione genetica del loro rock primordiale in favore di forme più riflessive ma non meno intense e non meno pronte a deflagrazioni improvvise.

Prova ne erano il nuovo materiale eseguito nei concerti in giro per l’Italia, la pubblicazione nel 1988 di Notre Dame Des Naufragés (St Malô Perdono), album acustico intestato al solo François e la realizzazione nello stesso anno di una demo che contiene le canzoni che appariranno nel 1990 su Uccidiamo Kim, l’album pubblicato per la Caesar Records sotto la ragione sociale François-Régis Cambuzat canta Il Gran Teatro Amaro e che sin dal titolo si pone come il certificato di morte dei Kim Squad.

François prosegue, dunque, sulla strada intrapresa con Notre Dame Des Naufragés, ma stavolta accompagnato oltre che dalla immancabile Roberta Possamai al pianoforte, da Giulio Caruso al Basso e da Raimondo Mosci alla batteria. Ancora una volta otto brani, tutti con testi in italiano ad eccezione di “Où l'on parle d'amour et d'anarchie”, in francese.

Lo spettro di Kim inevitabilmente aleggia sullo sfondo, ma è un Kim che ha dismesso i panni del rocker ed ha indossato quelli del bohémienne, contaminato di volta in volta da suggestioni gitane, jazz, post punk, cantautoriali. E questo aroma di scapigliatura romantica si respira sin dallo scatto di copertina che ritrae un François splendido e dannato.

Il senso di contestazione antiborghese, di ribellione nei confronti di una società dominata dalle leggi della produttività economica e che non riconosce più il valore dell’arte, si coglie anche nei testi, affascinanti pur se talvolta un po’ ingenui.

L’apertura è affidata a “Fratel Coltello”, ballata bellissima e coinvolgente, giocata sul botta e risposta tra la chitarra elettrica (per la verità penalizzata dal missaggio che è il punto dolente di tutto l’album) ed il pianoforte. Anni dopo, nel 1995, François ne registrerà una nuova versione per l’album Swinoujscie-Tunis, questa volta a nome François Regis Cambuzat Et Les Enfants Rouges, segno probabilmente della consapevolezza di non aver reso piena giustizia ad un brano che ha la statura dei classici.

“Où l'on parle d'amour et d'anarchie” sono i Velvet Underground più allucinati che improvvisamente si ritrovano nei Balcani. “Âmes sèches” è un’altra ballata che non sfigurerebbe in uno dei primi album di Nick Cave & The Bad Seeds. “India Song” potrebbe essere una canzone postuma di Luigi Tenco. “Djamila, Johnny, Io e Le Pietre” suona come se i Birthday Party fossero nati sulle sponde del mediterraneo piuttosto che in Australia.

Le coordinate di “Aspettando la pioggia” ci riportano dalle parti della “Mocaibo” dei Kim, ma con una atmosfera decisamente meno solare. “Preghiera d’Occidente”, cantata da Roberta Possamai e caratterizzata da un arpeggio di chitarra acustica sorretto da un tappeto d’organo, appare il brano più debole della raccolta, seguito però dall’eccellente epilogo di “Cardi sul Baragan” dal ritmo crescente e sincopato, in bilico tra psichedelia e jazz.

Uccidiamo Kim, fatale sin dal titolo, è un album eccellente, estremamente originale, che coniuga canzone d’autore, rock, world music, jazz e avanguardia fuori da schemi codificati.

Dopo questo disco, Francois proseguirà nella propria ricerca sonora decisamente iconoclasta, tra jazz, rock, punk, musica etnica, elettronica e rumorismo, attraverso l’esperienza del Gran Teatro Amaro e poi di François R. Cambuzat et les Enfants Rouges che diventerà L'Enfance Rouge, fino a giungere, ai giorni nostri, al Putan Club in duo con la bassista Gianna Greco. Ma, Young Bastards dei Kim Squad, Notre Dame Des Naufragés e questo Uccidiamo Kim rimangono, per chi scrive, opere seminali ed emozionali, forse anche per ragioni squisitamente anagrafiche.

“siamo quasi già tutti morti. La vita è troppo corta per tutti i sogni”  (F.R. Cambuzat).




































 (già pubblicato dallo stesso autore su Debaser.it)

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