GREEN ON RED Gravity Talks - US 1983


 













GREEN ON RED
Gravity Talks - US 1983

Tucson, Arizona, 1979. Tre ragazzi di provincia, Dan Stuart (chitarra e voce), Jack Waterson (basso) e Buddy Van Christian (batteria), ai quali si unirà a breve Chris Cacavas (tastiere), mettono su una band - i Serfers - e si trasferiscono a Los Angeles. Van Christian, però, abbandona subito e se ne torna in Arizona per cominciare una nuova avventura con i Naked Prey.

I Serfers diventano Green on Red e nel gennaio dell’81 incidono un EP autoprodotto dal titolo Two Bibles, grazie al quale vengono notati da Steve Wynn, leader degli emergenti Dream Syndicate, che l’anno dopo sarà il produttore di un altro EP intitolato semplicemente Green on Red. Wynn li metterà, poi, in contatto con Chris Desjardins, leader dei Flesheaters che nel 1983, su etichetta Slash, farà pubblicare Gravity Talks, il loro primo LP.

Gravity Talks contiene sonorità sixties e Paisley californiano, da cui i GOR si allontanano rapidamente per approdare, attraverso il Country, ad atmosfere più crepuscolari.

Dan Stuart si sgola e si strappa il cuore, le chitarre elettriche crepitano brillanti e il suono vorticoso e psichedelico dell'organo di Chris Cacavas aggiunge l’atmosfera sixties.

Neil Young, i Velvet Underground, i Television, scorrono fluidi nelle vene di questi giovani Green On Red che con Gravity Talks siglano il loro unico album realmente Paisley. Con il successivo Gas, Food, Lodging, infatti, Stuart e compagni imboccheranno la highway che li condurrà sempre più lontano da Los Angeles, verso i deserti del sud ovest in direzione di un suono sempre più tradizionale e roots-oriented.

L'apertura è spavalda e spensierata. La Title track conquista l’attenzione in pochi attimi grazie ad un incedere frizzante della chitarra jangle a cui si unisce l’organo in puro stile doorsiano ed un canto sfrontato e accattivante. “Old Chief” è invece Folk Rock rilassato ed indolente, caratterizzato da un riff di piano elettrico immediato e dai ricami della chitarra slide. L’acida e decadente “5 Easy Pieces” lascia affiorare il piglio nervoso della new wave, subito rallentato dai flussi psichedelici della bella “Deliverance” che fluttua sull'organo di Cacavas e sui vigorosi interventi chitarristici in crescendo che in alcuni punti ricordano addirittura Santana.

L’album scorre alternando atmosfere new wave psicotiche e dense di energia a brani avvolgenti come le spire lisergiche di “Snake Bit”, passando per l’eccellente “Blue Parade”, figlia dei Doors e del post-punk chitarristico dei Television, per l’energica “Abigail’s Ghost” e per “Cheap Wine” che contiene i primi germi della musica di frontiera che diffonderanno l’infezione negli album successivi, per terminare con l’allucinata e contorta “Narcolepsy” che secerne l’ormone post punk serpeggiante sotto la superficie di Gravity Talks, primo grande passo di questa band ingiustamente dimenticata.





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