SPACEMEN 3 Sound Of Confusion – UK 1986
SPACEMEN 3
Sound Of Confusion – UK
1986
Sound
of Confusion fu un sasso nello stagno, come lo fu Psychocandy
di Jesus e Mary Chain. Album che agitarono le acque metaforicamente stagnanti
della musica pop (in senso lato). Uno schiaffo in faccia agli anni 80 di Videomusic,
dei sintetizzatori, dei Duran Duran, degli Spandau Ballet, Madonna, Europe e
George Michael.
Sound of
Confusion è l’album con cui gli uomini dello spazio atterrano sul pianeta
Terra per il loro incontro ravvicinato del terzo tipo. J. Spaceman e Mister Sonic
Boom alias Jason Pierce e Peter Kember, da Rugby UK, accendono
gli amplificatori e spazzano via tutto ciò che per loro è ciarpame musicale con
la musica più psichedelica, monolitica e satura che si possa concepire in quel
1986. Una musica, tuttavia, avvolgente, svogliata, ipnotica e narcotizzante. Il
Suono della Confusione. Rumoroso Space Rock che gli Spacemen 3, suonano sotto gli effetti di abbondanti dosi di
sostanze stupefacenti. Gli astronauti, del resto, dichiareranno nel titolo di
un loro album del 1990 di “Prendere droghe per fare musica per prendere droghe” (Taking Drugs to Make Music to Take Drugs
To) e mai un titolo di un disco ha descritto così appropriatamente la
particolare visione dell'universo di una band.
Immaginate di trovarvi in una grande sala piena di specchi.
Guardate la vostra immagine riflessa all’infinito. Immaginate che questi
riflessi diventino musica. Un suono gonfio di echi. Il battito pulsante della sezione
ritmica semplice e costante, sovrastato dal magmatico wall of sound di chitarre elettriche cariche di riverberi e
distorsioni, un canto uniforme che, senza emergere, si confonde con gli altri elementi
del tappeto sonoro. Tutto questo è Sound
of Confusion, una dei lavori fondamentali dell'era shoegaze, che risente dell’influenza recente di Psychocandy (1985) di Jesus and Mary Chain e di Treasure (1984) dei Cocteau Twins, ma le cui radici affondano profondamente e più
lontano nei Velvet Underground più
avanguardisti, nei Pink Floyd
barrettiani, nel marasma sonoro che puzza del sudore di Stooges e MC5. Non è un
caso, infatti, se in Sound of Confusion,
su sette brani, ben tre siano cover, “Rollercoaster” dei 13th Floor Elevators “Mary Anne” di Glen
Campbell (!) e “Little
Doll” degli Stooges . Ma qui siamo
lontani dal revivalismo. Il patrimonio del passato viene imbottito di tritolo e
fatto detonare per demolirlo e ricomporlo in una tempesta di riverberi e distorsioni. Sound Of Confusion mette in
chiaro i propri debiti, dichiarando da dove si proviene e cosa si vuol far
diventare quel materiale, alterandolo, rallentando il garage rock psichedelico
e saturandolo fino al punto di non ritorno. Questo è ciò che accade quando ti
piacciono cose come gli Stooges, l'eroina, indossare occhiali scuri al chiuso, il
suono fragoroso e sfocato delle chitarre. Questo è ciò che accade quando
attingi al suono del vero rock & roll.
Dall'inarrestabile riff di "Losing Touch With My Mind"
al caos sonoro finale di "O.D. Catastrophe", non c'è niente da buttar
via. E se J. Spaceman e Mister Sonic Boom renderanno più variegate le loro successive
avventure soniche, non ritroveranno - però - mai più questo suono, minimale, ripetitivo,
imponente ed implacabile. Ascoltare Sound
of Confusion è come indugiare nel vizio. Un vizio sporco e malsano, ma allo
stesso tempo eccitante. Uno dei primi album - e di certo il più brutale - dello
shoegaze… perché questo è shoegaze, giusto?
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