GREEN ON RED The Killer Inside Me - US 1987
GREEN ON RED
The Killer Inside Me - US 1987
I romanzi di Jim
Thompson sono classificati come crime story o noir ma il loro fulcro non è
mai la soluzione di un crimine, la scoperta dell’assassino. Essi sono piuttosto
studi sull'umore e sulla psicologia dei personaggi che non sono mai buoni ma si
dividono tra cattivi e molto cattivi e nell'animo di tutti alberga un
assassino. Sono novelle maledette di una provincia americana dall’anima sporca
e minacciosa, in cui ci sono cartelloni pubblicitari scrostati e pensioni da
quattro soldi, vagabondi ed imbroglioni di bassa lega, uomini avidi ed intriganti
e uomini di legge corrotti e psicotici.
Uno dei romanzi più vitali, ironici e sconvolgenti di Thompson
è The Killer Inside Me, pubblicato
nel 1952. Un libro disturbante, scritto senza rispettare le regole del bon ton né
del quieto vivere civile, del politically
correct, come diremmo oggi.
Il protagonista è Lou Ford, lo stimato vicesceriffo di una
provincialissima e soffocante cittadina texana, che nasconde qualcosa di
torbido nel suo passato. Quella che lui chiama “la malattia”. Malsane pulsioni
di morte. Il desiderio di uccidere.
The Killer Inside Me, quinto lavoro in studio dei Green On Red, ruba il titolo proprio al
noir di Jim Thompson. Danny Stuart, afflitto da problemi di alcolismo, come lo
stesso Thompson, si imbatte nei suoi romanzi e ne resta ossessionato al punto
di identificarsi spiritualmente con i protagonisti.
All'epoca dell’uscita, The Killer Inside me, fu considerato da molti come un disco
minore o addirittura come un clamoroso passo falso, pretenzioso e mal
arrangiato. Ma l’irascibile Dan mandò tutti a farsi fottere e tirò avanti per
la sua strada.
In realtà, quest’album emana un notevole fascino,
soprattutto se riascoltato a distanza di più di 35 anni dalla sua
realizzazione. The Killer è un’immersione
nel lato oscuro dell'America, lunga undici racconti dal taglio amaro e rabbioso,
tra le visioni crepuscolari dei film di Sam Peckinpah e la crudezza dei romanzi
hard-boiled. È il disco più sincero e nudo della band. È l’istantanea che
ritrae un momento di passaggio dopo il quale nulla è più come prima. È lo
specchio dell'anima inquieta di Stuart, che impone ai suoi compagni un
cambio di registro che, dopo il country rock dei grandi spazi e dei cieli incendiati
dai tramonti del sud ovest di No Free Lunch, passa ad un rock potente e urbano,
illuminato - o forse dovremmo dire reso oscuro - dal grande sole nero della
Città degli Angeli.
L’album è registrato tra L.A. e Memphis e la produzione è
affidata a Jim Dickinson (Stones, Ry Cooder e Byrds, tra gli altri), il
quale contribuisce alla transizione dei Green On Red verso un suono
metropolitano, duro, nervoso, a metà strada tra le tempeste elettriche del Neil Young di Zuma ed il tumulto urbano dei Rolling
Stones di Let It Bleed, in cui la chitarra sporca e rugginosa di Chuck
Prophet sommerge tutto e Stuart
canta a squarciagola, sputando sangue, catarro e disperazione tra ondate di riverbero
e distorsione. L’organo ed il piano di Chris Cacavas viene relegato ad un ruolo
di supporto, tuttavia, Chris pone le sue qualità di fine arrangiatore al
servizio delle nuove sonorità. La sezione ritmica di Jack Waterson, al basso, e
Keith Mitchell, alla batteria, pesta con una potenza fragorosa come mai si era
sentito nei dischi precedenti dei Green on Red. Cori Gospel aleggiano qua e là,
accentuando l’aroma “sudista” voluto da Dickinson.
The Killer è
un album che contiene canzoni sinistre e di straordinaria bellezza
come “Clarksville” e “No
Man's Land”, ballate amare che non lasciano scampo come “Mighty gun”, “Jamie” e la
stupenda “We ain't free”, fughe
oltre il confine messicano come “Sorry
Naomi”, una “Born To Fight”
che è il manifesto di tutti i perdenti e gli emarginati alla deriva in qualche
bettola di periferia, nonché la conclusiva title
track che scava nelle viscere finché la chitarra di Prophet trascina via
tutto in una turbine che si allontana del deserto.
Come il romanzo di Jim Thompson, l’omonimo album dei Green
On Red parla di ognuno di noi. Dell’oscurità che abbiamo in fondo all’anima e dell’assassino
che possiamo intravedere ogni volta che ci specchiamo in una superficie
riflettente.
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