STEVE EARLE I Feel Alright - US 1996


 

























STEVE EARLE
I Feel Alright - US 1996

La vita ha colpito duramente Steve Earle portandogli via, nel 2020, il figlio Justin, morto per overdose.

Purtroppo, cattivo sangue non mente, come quello buono del resto.

Infatti, essere Steve Earle non deve essere stato facile neppure nei primi anni ’90, quando fu lui ad essere risucchiato in una spirale di droga, carcere e riabilitazione, dalla quale riemerse nel 1996 con I Feel Alright, album che rappresenta un'improrogabile dichiarazione di resurrezione.

Steve, dopo il precedente ed acustico Train’s A Coming, torna alla sua forma più usuale, quella elettrica e confeziona un capolavoro che rappresenterà il prototipo di molti suoi lavori successivi e, probabilmente, il miglior album di Country Rock degli anni '90, che incredibilmente non sarebbe mai stato realizzato se Steve non fosse stato un tossico, non fosse finito in prigione e non si fosse, poi, disintossicato.

I Feel Alright è un disco intenso e vitale. 38 minuti di sfida, rimpianto, disgusto di sé e speranza, in cui Steve intreccia chitarra, armonica e la sua voce ruvida ma appassionata in melodie dolorosamente suggestive, che grondano emozioni e rivelano le sue formidabili doti di cantautore. 

Earle non affronta esplicitamente i suoi problemi con la droga, tranne che nel crudo folk blues di "CCKMP" (Cocaine Cannot Kill My Pain), un viaggio agghiacciante nelle profondità della dipendenza da eroina, in cui Earle confessa "la cocaina non può uccidere il mio dolore" e "l'eroina è l'unica cosa, l'unico dono che l'oscurità porta".

Tuttavia, I Feel Alright è un album che riguarda la capacità di ricominciare dopo aver toccato il fondo.

" Stasera mi sento bene ", canta Steve rassicurante, nella stupenda title track, confrontandosi con i suoi demoni senza batter ciglio, a volte con umorismo come in "Hard Core Troubadour", a volte in modo sentimentale come nella quasi beatlesiana “More Than I Can Do”. Tre canzoni perfette, inanellate una dietro l’altra, in apertura dell’album.

L’amara consapevolezza di aver provocato dolore a sé ed alle persone care emerge in "Hurtin' Me, Hurtin' You" e in "The Unrepentant", il cui protagonista sfida Belzebù in persona, presentandosi alla porta dell'inferno “con pessime intenzioni ed una quarantaquattro carica". Il rimpianto affiora anche nella commovente "Valentine's Day", in cui cori country ed una delicata sezione archi fanno da contrappunto alla voce dolente di Steve.

Esplosioni di armonica, sostenute dall’impeccabile costruzione melodica della voce di Steve che duetta con Lucinda Williams, costituiscono il lieto fine di "You're Still Standing There" che conclude il disco lasciandoci un sorriso stampato sulle labbra.

I Feel Alright è l’emozionante testimonianza che Steve aveva affrontato l’oscurità ed era sopravvissuto. È uno di quegli album magici, composti da canzoni che assurgono immediatamente allo status di classici. Ed anche se in dischi successivi come El Corazón e Trascendental Blues, Earle si avvicinerà alla perfezione - a parere di chi scrive - non toccherà più il livello di I Feel Alright.

L’unica volta che ho visto suonare dal vivo Steve Earle è stato il 4 agosto del 1991, a Thurles, una cittadina nei pressi di Tipperary, in Irlanda. Steve si esibì in versione acustica e solitaria innanzi a varie migliaia di persone nell’ambito di un festival. Tutto ciò che posso dire è che, malgrado Steve si trovasse negli anni peggiori della sua dipendenza, il concerto fu intenso e godibile e che si concluse con una versione da brividi di “Copperhead Road” per voce e mandolino.





Commenti

  1. Trascendentale blues, I feel alright e El corazon sono un trittico eccezionale. La maggior parte dei grandissimi potrebbe e dovrebbe invidiare questi tre dischi. Forse, come dici, questo è il migliore dei tre, ma sono sottigliezze. Grande disco e grandissimo Steve Earle

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    1. Intendevo Train a comin e non trascendental blues che è un buon disco, ma che, secondo me, da il via allo Steve Earle di routine: ottimo, buono, ma non più ai livelli dei tre dischi citati

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    2. Train's a Coming lo ricordo poco. Dovrei riascoltarlo. Ma sono, comunque, d'accordo.

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