NEIL YOUNG with CRAZY HORSE Everybody Knows This Is Nowhere - US 1969


 



















NEIL YOUNG with CRAZY HORSE
Everybody Knows This Is Nowhere - US 1969

Neil Young, canadese trapiantato in California, dopo lo scioglimento della sua prima band, i Buffalo Springfield, intraprende la carriera solista e parallelamente avvia il sodalizio con Crosby, Stills & Nash.

Everybody Knows This Is Nowhere, secondo album di Young,  pubblicato solo quattro mesi dopo il primo omonimo, segna l'inizio della collaborazione con i Crazy Horse, il trio formato da Danny Whitten (chitarra), Ralph Molina (batteria) e Billy Talbot (basso). Ed il riff distorto di "Cinnamon Girl", in apertura dell’album, annuncia che qualcosa è cambiato; rende manifesto che il giovane Young possiede una personalità complessa, nella quale convivono la progressione garage rock - elettrica, vigorosa e nevrastenica - ed il country-folk arcaico, scarno, solenne. Due estremi tra cui Young oscillerà, con poche eccezioni, per tutta la sua carriera.

Infatti, in Everybody Knows, riconosciamo il sapore country rock del brano omonimo e di “The Losing End (When You're On)”, l'eclettica malinconia folk di “Round and Round” - un po’ noiosa - e di una bellissima “Running Dry”, impreziosita da un violino struggente. Ma troviamo anche la rarefatta ed irrequieta “Down By The River” e la lancinante omelia grunge, vent’anni prima del grunge, di “Cowgirl In The Sand” (probabilmente il mio brano preferito del canadese). Entrambe sono lunghe e sincopate cavalcate elettriche che ci parlano di grandi spazi ma dalle quali traspare anche l’alienazione di una generazione americana lacerata dalla guerra fredda e dalla paura dell’atomica, dal massacro della guerra del Vietnam, dalle droghe, dalle lotte per i diritti civili.

Quattro canzoni di questo disco, "Cinnamon Girl" , "Down By The River", "Cowgirl In The Sand" e la title track diverranno pietre angolari del repertorio di Young e, vuole la leggenda, che siano state scritte tutte nello stesso giorno mentre Neil era a letto febbricitante.

Un album eccezionale, primordiale e sofisticato al tempo stesso, meno popolare di Harvest, meno fuori dal comune di After The Goldrush; un album in cui l’intesa perfetta con gli ex Rockets - da quel momento e per sempre Crazy Horse - e la libertà espressiva rivelata nelle lunghe improvvisazioni in cui le chitarre di Whitten e Young si intrecciano e si rincorrono, consentono l’emancipazione del genio artistico di Neil Young che cinquantaquattro anni dopo fa ancora bella mostra di sé, pervicacemente annidato tra i solchi di vinile nero di questo disco.



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