VIOLENT FEMMES Hallowed Ground - US 1984
VIOLENT FEMMES
Hallowed Ground - US 1984
Dopo il sorprendente successo del loro
memorabile album di debutto, il trio di Milwaukee amplia gli orizzonti del suo
folk punk stradaiolo da buskers e realizzano
il sulfureo Hallowed Ground, inquietante sin dalla copertina, ruvido country-folk messo in ammollo nel gotico
americano. Musica che proviene dalle oscure profondità degli Appalacchi. Un
cupo e disperato esorcismo officiato da Gordon
Gano - autore di quasi tutti i brani - non tanto per scacciare i propri
demoni interiori quanto per ballare con essi.
Hallowed
Ground. Terreno consacrato. Un album ispirato dalla
fede cristiana di Gano - figlio di un pastore battista - che riversa in questo
disco oscuro, ironico, e per certi versi moralista, tutte le contraddizioni
della sua tormentata religiosità. Un album che ci parla di disperazione, di
sacrificio, di rimorso, di follia e paranoia, ed infine, di salvezza e
redenzione agrodolce, con uno sguardo a volte beffardo e altre preoccupato alla
vita di provincia e alla condizione giovanile. Il cristianesimo è la risposta,
a quanto pare, ma a Gordon, Brian e Victor sembra piacere altrettanto interpretare
il peccatore demente.
L’apertura è affidata al country folk a tinte forti, con suggestioni alla Faulkner di "Country
Death Song", murder ballad in cui un padre, nella solitudine della
sconfinata e povera provincia americana, si impicca dopo aver ucciso la figlia
annegandola in un pozzo. Gesto che costituisce una sorta di offerta sacrificale
- simile al biblico sacrificio di Isacco richiesto ad Abramo - quasi ad invocare
l’intervento divino ma che spalanca, invece, le porte dell’inferno. Una visita
nello stesso territorio della "Ballad of Hollis Brown" di Dylan, che
va oltre Dylan. Brown, infatti, non viene descritto nell’atto di sparare a
moglie e figli e poi a se stesso, mentre Gano accompagna per mano il suo
protagonista nel folle atto omicida.
Ripetitiva al limite della nevrosi, segue la mortifera “I Hear The Rain”, in cui Gordon invoca
di essere sepolto nella prateria solitaria. La successiva, nervosa, intensa ed
enigmatica "Never Tell" vale da sola l'intero disco, bruciante
cavalcata che rivela l’attitudine punk della
band a sfigurare il folk, con Gano che urla: "Starò dritto nel cuore dell'Inferno. Non
lo dirò mai", prima dell’isterico finale strumentale.
Altro numero
d’alta scuola è la title track, cupa,
meditabonda,
bellissima elucubrazione che dipinge
immagini oscure di un Giorno del Giudizio in arrivo sulla terra, forse sotto
forma di olocausto nucleare. Segue il vivace country gospel di “Jesus Walking
On The Water”, da intonare alla funzione della domenica in qualche chiesa
sperduta del mid-west; la delicata ed inquieta ballata, “I Know
It's True But I'm Sorry to Say”; il blues stralunato ed infatuato di Lou Reed di
"Sweet Misery Blues" e la convulsa "Black Girls", sarcastica
invettiva, politicamente scorretta, di un uomo ossessionato dalla religione
contro le donne nere e gli omosessuali, con una sezione strumentale che include
di tutto, dallo scacciapensieri al sax urlante di John Zorn che regala sfumature free jazz e avanguardiste.
La conclusiva "It's Gonna Rain", in
un certo senso, riassume lo spirito che anima l’intero album e le Violent
Femmes stesse. Inizialmente sembra un allegro e scanzonato inno ad una giornata
piovosa, con un ritornello davvero orecchiabile. Poi, Gano grida, "QUARANTA GIORNI E QUARANTA NOTTI!" e ti rendi conto che sta parlando
del Diluvio Universale.
Le Femmes sono assolutamente fedeli a se
stesse e Hallowed Ground è una
testimonianza della loro tenacia, coraggio ed assoluta indifferenza verso
l'industria discografica. Ogni brano, ogni invettiva ringhiante e promessa
sussurrata, pone l'ascoltatore davanti alla scelta di abbandonare il carro
della anomala e straniante opera evangelica delle Femmes o seguirle fin dentro
la bocca dell'Inferno.
Un capolavoro ingiustamente oscurato dalla fama
dell’altrettanto gigantesco debutto.
Commenti
Posta un commento