JEFFREY LEE PIERCE Wildweed - US 1985



JEFFREY LEE PIERCE
Wildweed - US 1985

I Gun Club terminano disastrosamente - con lo scioglimento - il tour promozionale dell’album Las Vegas Story. È il 1985 e Jeffrey Lee Pierce, decide di esiliarsi a Londra. In questo periodo, che si concluderà nel 1987 con la rifondazione del Club Della Pistola e l’incisione di Mother Juno, Jeffrey Lee si intesta l’EP Flamingo ed il Long Playing Wildweed, che strizza l’occhio alla New wave, suscitando gli strali dei fan della prima ora.

Ma è solo apparenza superficiale perché Wildweed, sotto l’epidermide, è un disco del Gun Club a partire dalla memorabile copertina in bianco e nero, che trasuda desolazione e ritrae Jeffrey Lee, in uno spoglio paesaggio rurale, stretto in un pastrano nero che ha visto tempi migliori, con calcato in testa un cappellaccio anch’esso nero, mentre fissa l’orizzonte con un fucile a pompa appoggiato sulla spalla.

I temi trattati sono quelli da sempre cari a JLP, sesso, omicidio, amore e morte, rovina e depravazione. In particolare il tema della violenza - simboleggiato dalle armi da fuoco - è una presenza costante nei testi di Pierce, dai quali traspare l’idea che la società americana ne sia permeata. E lo stesso JLP è ossessionato dal pensiero di un tragico quanto inevitabile destino, forse condizionato dal suo stile di vita autodistruttivo che lo condurrà ad una morte prematura ad appena 37 anni.

La musica di Wildweed è più morbida rispetto all’acredine di Fire of Love e di Miami, ed oscilla tra lo stile chitarristico alla Tom Verlaine, il power pop anni '80 e il rock primordiale che scorre nelle vene di Jeffrey Lee, il quale suona - per la prima volta - tutte le parti di chitarra, mentre alla batteria troviamo Andy Anderson che ha appena lasciato i Cure ed, al basso, John MacKinzie, turnista che ha collaborato - tra i tanti - con Eurithmics, Pretenders e Dr. John. La produzione è affidata a Craig Leon che ha prodotto i Suicide ed i primi album dei Ramones.

Wildweed parte con un trittico micidiale. L’asimmetrico ed incalzante funk-rock-disco di "Love and Desperation", la new wave indiavolata di "Sex Killer" che ricorda i primi Talking Heads e "Cleopatra Dreams On" che potrebbe essere stata scritta dai Television.

Lo psychobilly di "Hey Juana" ci porta a fare un giro sul confine del territorio dei Cramps mentre il punk furioso della title track racconta di un uomo che uccide moglie e figli, dà fuoco alla casa e fugge in Messico. Ma i capolavori dell’album sono le straordinarie “Sensitivity” e "The Midnight Promise", inni epici e disperati alla solitudine delle ore piccole, degni dei migliori Gun Club; “Sensitivity”, caratterizzata da una sinuosa linea di basso e da un incipit che ricorda il Joe Jackson di Big World, accelera nel finale, in una progressione di puro rock'n'roll, mentre la conclusiva "The Midnight Promise" è meravigliosamente sezionata da una chitarra funky e dalle disperate acrobazie vocali di JL.

Pierce evoca lo spirito più autentico del rock'n'roll in un album tristemente trascurato che mescola punk, soul, funk e rockabilly, ricoprendoli con una sottile e sfavillante patina di new wave e follia, per distrarre la nostra attenzione da ciò che si nasconde appena sotto la superficie e cioè che, malgrado l’apparente “leggerezza”, anche questo disco è animato dal battito profondo del suo cuore di tenebra.



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