NICK CAVE AND THE BAD SEEDS The Firstborn Is Dead - AUSTRALIA 1985
NICK CAVE AND THE BAD SEEDS
The Firstborn Is Dead - AUSTRALIA 1985
Giunti alla fine del cupo e brutale From Her To Eternity, storditi dalle ultime morbose note di
pianoforte di “A Box for Black Paul”, avevamo lasciato Nick Cave e i suoi Bad Seeds chiedendoci in che direzione si
sarebbe potuta evolvere la musica di Nicholas dopo un tale esordio.
A meno di un anno di distanza, il 3 giugno del 1985, giunge
in risposta The First Born is Dead, secondo
album, registrato presso gli Hansa Studios di Berlino, in cui l’angelo delle
tenebre eroinomane, si trasforma in bluesman e profeta biblico; attitudini,
queste ultime, già emerse nel lavoro precedente - seppur in modo distorto e
iconoclasta - e che divengono qui, esplicite ed irrefrenabili pur nella
dilatazione delle forme e nello stravolgimento della sintassi.
In quest’album c’è il blues primordiale di Blind Lemon Jefferson, di Robert Johnson e Charley Patton, di Howlin’
Wolf, Muddy Waters e John Lee Hooker,
di cui Cave annusa l'aroma, beve solo l'essenza amara e di cui saccheggia l'iconografia.
Qui non troverete le classiche dodici battute, le sincopi ternarie, le scale blues
pentatoniche, ma solo una chitarra slide arrugginita, un'armonica dolorosa e qualche
coro gospel. Il resto è suono grezzo dei Bad Seeds, ridotti ai soli
Blixa Bargeld, Barry Adamson
e Mick Harvey, con i loro
crescendo di tensione, con la loro alternanza di quieta disperazione e ferocia.
Nick non canta ma geme, ammonisce, minaccia, predica, evocando le inondazioni
del Mississippi, grotteschi Re dei corvi, assassini condannati a morte o in
fuga da tutto, anche dal diavolo, mentre la tempesta tuona e la pioggia
battente tambureggia su queste sette tracce diaboliche.
L’album si apre con l’apocalittica ed epica "Tupelo". La voce selvaggia di
Cave tenta di sovrastare il basso pulsante di Adamson e la batteria tribale di
Harvey, mentre i cori gospel che fanno da contrappunto, aggiungono un senso di
urgenza. La nascita di Elvis Presley - secondogenito di un parto gemellare in
cui il primogenito è nato morto - è trasfigurata in un evento biblico,
illuminato dai lampi di una pioggia senza fine che trasforma le strade deserte di
Tupelo in fiumi. Elvis è il novello Messia giunto non solo per salvare
dall’avvento della Bestia, ma per giudicare l’umanità. “Raccoglierete quello che avete seminato”, recita l’ultimo
minaccioso verso della canzone.
La scheletrica filastrocca blues di "Say Goodbye to the Little Girl Tree" e la frenetica "Train Long Suffering"
suonano scarne e rockabilly come i primi Cramps. Altrettanto scarno e spoglio è
il gospel-blues da campo di lavoro di "Black
Crow King" in cui tutti gli strumenti riducono gli interventi
all’essenziale facendo risaltare le note della chitarra elettrica ed i claps percussivi. "Knockin' on Joe" - locuzione che in gergo allude alle
mutilazioni che i galeotti si auto infliggevano per sottrarsi a lavori
estremamente pesanti che li avrebbero condotti alla morte - splendida e
dolente, riesce a trasmettere il dolore dello spirito quanto quello del corpo tramite
il canto lamentoso di Cave, il suono cupo di un pianoforte e quello lacerante di
un’armonica, che si dipanano sul tappeto sommesso degli altri strumenti, fino
al crescendo finale. "Wanted
Man" è un'oscura cover di Bob Dylan, minacciosa e blaterante. La tensione
del basso di Adamson, la chitarra spettrale di Bargeld e la batteria suonata in
punta di bacchette da Harvey chiudono i giochi in "Blind Lemon Jefferson", maligna ed affascinante.
The First Born Is Dead,
è un disco sbalorditivo, talmente intriso dell’atmosfera e del folklore del Sud
degli Stati Uniti da far sembrare impossibile che sia stato generato tra Londra
e Berlino, da due australiani, un inglese ed un tedesco. E, pur essendone
l’evoluzione, differisce in modo significativo dall'album di debutto ancora
relativamente vicino alla straniante brutalità dei Birthday Party, realizzando, piuttosto una rivisitazione gotica del
Blues che diventa esercizio catartico, in cui i monologhi psicotici e tenebrosi
di Cave sono, allo stesso tempo, colte citazioni da crooner letterato e dolorosi sproloqui da lupo mannaro.
Il Blues diventa più scuro del nero.
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