THE BLACK HEART PROCESSION 2 - US 1999
THE BLACK HEART PROCESSION
2 - US 1999
Folk blues elegiaco, spruzzato di elettronica, che scricchiola come rami secchi al vento, che rifluisce come acqua gelida nelle profondità delle stive di una nave affondata. Novembre che dura tutto l'anno, una notte che si protrae per l’intera giornata. Nella San Diego dei Black Heart Procession non albeggia mai.
2
è ancor più oscuro e logoro dell’album d’esordio. Undici brani di straordinario
intimismo, di musica scarna, essenziale, elegante, buia. Una chitarra sconsolata,
un piano sfibrato, ritmi sgranati come occhi increduli.
"The Waiter #2", introdotta
da vento, da cigolii ed ululati lontani (ottenuti dalla sega suonata con
archetto da violino), tra detriti di elettronica e solenni note di piano
elettrico, su cui la voce inerte di Pall
Jenkins recita versi dolenti; "Blue Tears", struggente ballata da
orchestrina di paese; la magnifica "A Light So Dim", epico trip-hop
acustico di oltre sette minuti, dominato dal ritmo cadenzato imposto da piano e
batteria, che implode in un buco nero; il sole al tramonto di "Your Church
Is Red"- con la chitarra acustica vibrante su un tappeto d’organo
crepuscolare - che si eclissa nella lunare "When We Reach The Hill", costruita
sulle spirali del suono gelido di un moog; il romantico valzer di "Gently
Off The Edge", con il pianoforte che scorre su uno sfondo di elettronica
subliminale; l’energica "It's A Crime I Never Told You About The Diamonds
In Your Eyes", dal titolo chilometrico e dal piano honky-tonk. Queste
canzoni sono tutte capolavori in cui Jenkins
e Nathaniel delineano una nuova forma di ballata esistenziale per
infliggere una triste rovina ai nostri cuori neri ed atrofizzati.
"The Waiter #3", riprende il
tema del brano di apertura, rendendolo - se possibile - ancora più agonizzante e
corona concettualmente l’album, conferendogli un senso di circolarità che ne fa
un concept sulla malinconia e la
solitudine, un album autunnale che si srotola tra mucchi di foglie morte in
attesa del dicembre, che nel 1999 arriverà presto.
La processione del cuore nero si
allontana anche questa volta, lasciandosi dietro uno strascico di suoni enigmatici
e desolati e consegnando al millennio che si sta concludendo, come lascito, uno
dei migliori album del decennio, un gioco di ombre in cui il lieto fine non è
contemplato.
Se la solitudine avesse un suono,
suonerebbe così.
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