THE POGUES Rum Sodomy & The Lash - UK 1985
THE POGUES
Rum Sodomy & The Lash - UK 1985
La colonna sonora di un film western
ambientato in un pub di Dublino. Questa potrebbe essere una descrizione
attendibile di Rum, Sodomy & the Lash,
secondo album dei Pogues e caposaldo della loro discografia, il cui titolo è
ispirato ad una frase di Winston
Churchill sulla Royal Navy e che in copertina mostra l’immagine di
una zattera malandata e carica di sventurati che molto somiglia al groviglio di
“anime prave” traghettate da “Caron Dimonio” di dantesca memoria.
Folk-punk travolgente, scanzonato, irriverente,
politicamente scorretto, fracassone ed alcolico, suonato dalla ciurma più
chiassosa, strafottente e commovente degli anni ’80.
James Fearnley (fisarmonica), Cait O'Riordan (basso), Peter
"Spider" Stacy (voce e thin whistle), Jeremy Max Finer (chitarra e banjo), Andrew Ranken (batteria) ed ovviamente Shane MacGowan, poeta del whiskey e cantore dalla voce sgraziata, creano
un album che tra flauti, violini, cori, e fisarmoniche straripanti, ci sputa
addosso vecchie storie di alcolizzati,
marinai e pescatori di balene, reduci di guerra, vagabondi, pistoleri, pifferai e sgualdrine.
Rum Sodomy & the Lash, prodotto da Elvis Costello - il quale ha scritto "Ho visto che il mio compito... era quello di catturarli nella
loro gloria fatiscente prima che qualche produttore più professionista li
mandasse a puttane” - è un album in cui i Pogues, con piglio entusiasmante
e grottesco da buskers ubriachi, recuperano ed assimilano lo spirito autentico,
rozzo e selvaggio della musica tradizionale irlandese alimentato dalla rabbia del
punk e da dosi massicce di alcol, come nessuno aveva mai fatto prima.
Il fragore esplosivo e doloroso del
brano di apertura, "The Sick Bed of Cúchulainn" e della tribale “Wild Cats Of Kilkenny”, le ballate
marinare "The Old Main Drag" e “Navigator” nonché la sfolgorante ebbrezza
di "A Pair of Brown Eyes" ed ancora la superba ed inquietante interpretazione
di Cait O'Riordan di "I'm a Man You Don't Meet Every Day" - che deve
aver colpito Costello al punto che, più tardi, l'avrebbe sposata - e gli altri
due splendidi traditional, "Dirty
Old Town" e "And the Band Played Waltzing Matilda", rendono questo
disco emotivamente travolgente. e dimostrarono al mondo che i Pogues erano una
grande band.
Ed una
domenica - il 4 agosto del 1991 - per la prima ed unica volta, vidi suonare dal
vivo i Pogues al Semple Stadium di Thurles, contea di Tipperary, Irlanda. Shane
non cantò una sola canzone per intero, dall’inizio alla fine. Dopo un paio di strofe
usciva dal proscenio mentre la band continuava a suonare imperturbabile e dopo
poco rientrava, una volta con una pinta di birra, un’altra con una bottiglia di
whiskey, un’altra ancora con qualche inclassificabile intruglio, collezionando bicchieri
e bottiglie sulle assi del palco tutt’intorno alla base dell’asta del microfono
fino a fabbricare una sorta di altarino alcolico consacrato a Bacco.
Fu un gran
concerto, non tanto per la qualità musicale dell’esibizione, quanto per l’atmosfera
da happening, da sbornia tra vecchi
amici, da rituale dionisiaco officiato dal gran sacerdote Shane McGowan, “bevuto”
quanto e più del numeroso pubblico di adepti presente quella sera.
E ieri, alla
fine - dopo una morte annunciata da anni e mai arrivata - Shane se ne è andato,
a sessantacinque anni, col fegato gonfio come al solito ed una parata di denti
nuovi, a causa di una encefalite virale che forse ha solo abbreviato di poco le
sofferenze di un uomo annientato nel corpo ma non nello spirito dalle sue gravi
dipendenze.
La nera
signora ha preso per sé un grande cantautore, una persona speciale dai larghi sorrisi
disastrati, uno degli ultimi eroi del rock’n’roll, nello stesso giorno di Henry
Kissinger centenario. E mi fa sorridere immaginare questa strana coppia, che si
incammina verso i campi Elisi.
Chissà se
Shane ha rivolto la parola ad Henry. Forse no.
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