STEVE WYNN Kerosene Man - US 1990
STEVE WYNN
Kerosene Man - US 1990
Il 1990 oltre a segnare l’inizio di un
nuovo decennio, sancisce la scomparsa ufficiale dei Dream Syndicate (che si ricostituiranno solo molti anni dopo), il
cui leader, Steve Wynn, si mette in
proprio e pubblica Kerosene Man, primo album solista in cui Steve - tranne che
in un paio di episodi - si allontana dal suono tagliente del Sindacato del
Sogno, cercando soluzioni più eclettiche ed accessibili, creando un jangle-pop
intelligente ed ibrido, denso di umori diversi, le cui principali influenze
sono Alex Chilton, Lou Reed e Bob Dylan.
L’album beneficia di numerose
collaborazioni, tra cui quella di Johnette Napolitano (Concrete Blonde), DJ
Bonebrake (X), Steve Berlin (Los Lobos) Stephen McCarthy (Long Riders), Robert
Mache, Fernando Saunders, Robert Lloyd (ex Television), Chris Cacavas (Green On
Red), Howe Gelb (Giant Sand), e Mark Walton (Dream Syndicate), tutti artisti in
qualche modo collegati alla scena losangelina vicina al Paisley Underground, che contribuiscono in maniera determinante a
realizzare un
bel disco che, se da un lato risulta musicalmente più “leggero” rispetto ai lavori della vecchia band, dall’altro
rivela uno Steve Wynn dai toni talvolta
confidenziali, con attitudini da balladeer notturno, da storyteller di
talento in equilibrio tra cinismo e compassione.
Kerosene Man spazia dal pregevole pop rock chitarristico con contaminazioni folk delle iniziali “Tears won't help” e “Carolyn” alle conclusive “Kerosene man” - scatenato country-boogie con Robert Lloyd al piano
- e “Anthem”, caratterizzata
dall’incipit ingannevolmente placido e dal violino dissonante di Richard
Greene; passando per l’intimismo di “The Blue drifter”, ballata tra Lou Reed e gli Stones, impreziosita
dal sassofono vellutato di Steve Berlin e dal basso di
Fernando Saunders; per “Younger”,
distorta, incendiaria ed ipnotica, scandita dalla batteria metronomica di DJ
Bonebrake e seviziata dalle chitarre di Robert Mache ed Howe Gelb;
per “Under the Weather”, affascinante
e notturna ballata noir dagli accenti jazzati e latini. Johnette
Napolitano da il proprio contributo sia compositivo che vocale,
in “Conspiracy of the Heart”,
suonata in punta di piedi e di dita, mentre l’invettiva
amara e sarcastica di “Something
to Remember Me By” suona come un’energica
outtake di Medicine
Show degli allora defunti ed oggi - da alcuni anni - redivivi Syndicate.
Primo disco di una carriera solista
non sempre perfettamente a fuoco, ma che ha visto Steve camminare sempre a
testa alta, per la sua strada, indifferente a tentazioni modaiole ed a
soluzioni “facili”, Kerosene Man è un
lavoro solido, pur con qualche imperfezione.
Per avere il vinile di questo album - uscito
in un’epoca in cui internet era agli albori - mi affidai al mio amico
Francesco, cittadino del mondo, che riuscì a procurarlo non so più dove.
Ricordo ancora la mattina in cui me lo recapitò a domicilio esibendo una certa
soddisfazione per l’impresa compiuta. Piccole gioie di un tempo che fu,
pressoché incomprensibili in un mondo dove quasi tutto è a portata di un click.
Commenti
Posta un commento