THE GUN CLUB Fire Of Love - US 1981


 



















THE GUN CLUB
Fire Of Love - US 1981

Fire of Love - primo album del Gun Club - è un circo di freaks che espone deformi fenomeni da baraccone e sotto il cui tendone si esibiscono in numeri circensi il punk nichilista di Los Angeles, il blues primitivo e demoniaco di Robert Johnson, il voodoobilly libidinoso dei Cramps, le forze oscure ed ancestrali della jungla africana, la miscela di swamp e cajun della Louisiana, le murder ballads della tradizione country.

Jeffrey Lee Pierce, di padre anglosassone e madre messicana, nel 1979 fonda a Los Angeles i Creeping Ritual. Con lui c’è un altro chicano, il chitarrista Brian Tristan.

I Creeping Ritual cambiano nome in Gun Club ma prima che incidano una sola nota Tristan accetta la proposta di sostituire Bryan Gregory nei Cramps, dove diventerà per sempre Kid Congo Powers (salvo tornare, anni dopo, a far parte del club di cui era co-fondatore).

Nel 1981 il Gun Club - di cui nel frattempo sono diventati membri la chitarra rockabilly di Ward Dotson (che sostituisce il Kid), il basso di Rob Ritter  e la batteria di Terry Graham - giunge all’esordio discografico con l’album Fire Of Love, pervaso di un tormento psicologico che scava nei recessi più oscuri e più depravati dell’America, tracciando al contempo una sorta di joyciano Ritratto dell'Artista da Giovane, che immortala Jeffrey Lee Pierce nell’immagine di predicatore blasfemo, dotato di una drammaturgia morbosa ed inquietante in cui il sesso è estasi e morte mentre l’omicidio è un rituale catartico.

Fire of Love guarda negli occhi la dannazione dell’America più oscura e profonda, dai bassifondi di New York alle paludi di Baton Rouge ed è impregnato di un’aura di maleficio che aleggia sulle allucinate pulsioni sessuali della sferragliante “Sex Beat”, sul voodoobilly delirante di “Preaching The Blues”, standard di Robert Johnson revisionato tra spasmi chitarristici ed ululati.

L’atmosfera malsana e stregata soffia sul country-blues mefistofelico di “Promise Me”, patto col diavolo di Pierce/Faust, barcollante sulle note di una viola alla John Cale; incombe sull’impudica lussuria di “She’s Like Heroin To Me”, dichiarazione di dipendenza erotica e di astinenza purificatrice, scandita dal basso e dal rullante in corsa a rotta di collo, incalzati da un uragano di distorsione.

L’aura di maleficio spira sul delirante punk blues di “For The Love Of Ivy”, in cui Jeffrey Lee arde d’amore non corrisposto per Poison Ivy, chitarrista in veli da odalisca dei Cramps; grava sull’alone macabro (Some Creole boy was a-lying dead, I used his blood to paint my costume red) e perverso (When you fall in love with me / we can dig a hole by a willow tree / then i will fuck you until you die / burn you and kiss this town goodbye) di “Jack On Fire”, che trascina l'ascoltatore, irretito dalla chitarra ipnotica di Dotson, nella New Orleans del Mardi Gras; sovrasta i sei minuti di narcosi e desolazione di “Cool Drink Of Water”, blues dilatato e ciondolante di Tommy Johnson.

Ogni canzone è un flacone contenente un intruglio infernale di mistero, disperazione, sesso, psicosi e morte, spacciato per pozione medicamentosa (proprio come raffigurato sul retro copertina) da un Jeffrey Lee Pierce, imbonitore sguaiato e luciferino del medicine show, che ci presenta la sua raffigurazione pagana di un mondo spietato e maledetto dal blues.





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