GAVIN FRIDAY and the MAN SEEZER Each Man Kills The Things He Loves - UK 1989
GAVIN FRIDAY and the MAN SEEZER
Each Man Kills The Things He Loves - UK 1989
Il dubliner Gavin
Friday, al secolo Fionan Hanvey, protagonista del progetto Virgin Prunes, band post punk, teatrale, gotica, avanguardista e
dadaista, amico d’infanzia di quel Paul Hewson con cui incrocerà più volte la
strada e che diventerà Bono Vox (nomignolo
appiccicatogli proprio da Friday), con Each
Man Kills The Thing He Loves intraprende la carriera solista cambiando
radicalmente connotazione ed ispirandosi al cabaret tedesco di Kurt Weill ed a chansonnier come Jacques Brel e Tom Waits.
L’album, prodotto da Hal
Willner (già produttore di Marianne Faithful, Leonard Cohen, Lou Reed ed
altri) viene registrato a New York con la collaborazione del nuovo partner
musicale, il pianista Maurice “The Man”
Seezer alias Maurice Roycroft e con un cast di musicisti superlativi tra
cui Marc Ribot, Bill Frisell, Fernando
Saunders e Michael Blair.
La splendida title-track è un estratto dalla poesia di Oscar Wilde, The Ballad of Reading Gaol, messa in musica e cantata da Gavin,
crooner decadente e malinconico. Le parole di Wilde - condannato per
omosessualità a due anni di lavori forzati presso il carcere di Reading -
infondono un senso ancora più cupo all’avvincente atmosfera di introspezione
lirica, da cabaret musicale mitteleuropeo che aleggia sull’intero disco e che
emerge soprattutto nella sofisticata “Apologia”, nella cigolante cover di
“Next” di Jacques Brel ed in quella meditabonda e spettrale di “Death Is Not
The End” di Dylan (che anticipa di
un lustro abbondante Nick Cave) nonché nelle guittesche e waitsiane (o meglio,
canzoni che avrebbe potuto scrivere Waits se fosse nato su questa sponda
dell’Atlantico) “Rags To Riches” e "The Next Thing To Murder".
Ma ci sono anche i romantici bozzetti di limpida malinconia
di “Dazzle and Delight”, di “You Take Away the Sun” e di “He Got What He
Wanted”, il boogie beffardo di “Man Of Misfortune”, la languida e sofferta
“Another Blow On The Bruise” che precorre i Black Heart Procession.
Gavin Friday ci consegna un album che si dimostrerà
irripetibile. Un’ora scarsa di splendore senza tempo che si snoda tra nevrosi e
mestizia, in grado di suscitare - a seconda dell’età dell’ascoltatore - fremiti
adolescenziali o rimpianti di mezza età.
Io lo so, perché li ho provati entrambi.
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